Forza Giovanni continua a seguire il giro e realizza il tuo sogno!!!
Costume
12/05/2012 - un viaggio in italia seguendo la competizione
ciclistica
"Mollo il lavoro per raccontare il Giro"
Il blogger che viaggia in seconda classe
Giovanni Battistuzzi, 27 anni,
ha lasciato la sua città adottiva, Roma, per seguire un sogno: "Voglio
narrare l'Italia di oggi attraverso il ciclismo"
Mollare tutto. Un lavoro precario, avercelo di questi tempi.
E la propria città d'adozione, Roma. Per un sogno: seguire la corsa rosa in
giro per tutta Italia. Cose da pazzi direbbe qualcuno. Non Giovanni Battistuzzi,
ventisettenne di Conegliano Veneto (Tv), che ha scelto di intraprendere questa
piccola impresa. E visto che i soldi non bastano mai, meglio seguire i
corridori in treno, rigorosamente regionali di seconda classe. «Ho pensato di
usare i treni locali, i più popolari e bistrattati tra tutti i convogli»,
racconta Giovanni. Bagaglio non troppo leggero, 10 kg che comprendono anche il
computer con cui scrivere le sue considerazioni e postarle sul blog, scarpe da trekking e
un'agendina con indirizzi per dormire low cost «o il più possibile zero cost»:
questa l'attrezzatura.
Una passione, quella per il ciclismo, che parte da lontano. «Ho iniziato a vedere le tappe del Giro da bambino, nel '94 -dice Giovanni - Pantani mi ha fatto innamorare di questo sport popolare e tremendo per la fatica che si prova, e anche dopo che è andato via lui sono rimasto affascinato dalla "corsa rosa"». Oggi per raggiungere l'arrivo della tappa, a Rocca di Cambio in Abruzzo, ha percorso a piedi 16 chilometri: «Qui gli autobus mica passavano».
«Il mio intento - spiega Battistuzzi- è di raccontare un Giro con occhi diversi da quelli dei grandi inviati, magari usando parole diverse da quelle abituali: non ho caporedattori con il fiato sul collo, ho un blog e posso scrivere come mi pare di ciò che vedo. E vorrei usare la scusa del Giro e del ciclismo per raccontare l'Italia di oggi. Il treno è una formidabile fonte di spunti, almeno quanto le gare ciclistiche di una volta». E continua: «Mi piacerebbe tornare a parlare del Giro come corsa di popolo, ma anche al di là del ciclismo professionale tutto lustrini come è ridotto oggi, per vedere se esiste ancora quel ciclismo popolare che salvò l'Italia dalla guerra civile grazie a Bartali dopo l'attentato a Togliatti. Cercando di scorgere storie nascoste o di cui non si parla: tutto ciò che mi capita di vedere -dice- se sono storie di ciclismo meglio, ma anche altro».
La buona stella evidentemente assiste Giovanni: per una serie di casi ha stretto amicizia con uno dei nomi più noti del giornalismo sportivo, che gli ha fornito un pass per la sala stampa. «Così posso partecipare alle conferenze, fare le domande e scrivere in una postazione. Ma a dire il vero qui non mi prendono troppo sul serio visto che non scrivo per nessuna testata, e gli atleti, che oltretutto sono anche stanchi dopo la corsa, non sembrano accorgersi molto di me. Però va bene lo stesso, osservo da vicino e ho sempre qualcosa da raccontare».
Una passione, quella per il ciclismo, che parte da lontano. «Ho iniziato a vedere le tappe del Giro da bambino, nel '94 -dice Giovanni - Pantani mi ha fatto innamorare di questo sport popolare e tremendo per la fatica che si prova, e anche dopo che è andato via lui sono rimasto affascinato dalla "corsa rosa"». Oggi per raggiungere l'arrivo della tappa, a Rocca di Cambio in Abruzzo, ha percorso a piedi 16 chilometri: «Qui gli autobus mica passavano».
«Il mio intento - spiega Battistuzzi- è di raccontare un Giro con occhi diversi da quelli dei grandi inviati, magari usando parole diverse da quelle abituali: non ho caporedattori con il fiato sul collo, ho un blog e posso scrivere come mi pare di ciò che vedo. E vorrei usare la scusa del Giro e del ciclismo per raccontare l'Italia di oggi. Il treno è una formidabile fonte di spunti, almeno quanto le gare ciclistiche di una volta». E continua: «Mi piacerebbe tornare a parlare del Giro come corsa di popolo, ma anche al di là del ciclismo professionale tutto lustrini come è ridotto oggi, per vedere se esiste ancora quel ciclismo popolare che salvò l'Italia dalla guerra civile grazie a Bartali dopo l'attentato a Togliatti. Cercando di scorgere storie nascoste o di cui non si parla: tutto ciò che mi capita di vedere -dice- se sono storie di ciclismo meglio, ma anche altro».
La buona stella evidentemente assiste Giovanni: per una serie di casi ha stretto amicizia con uno dei nomi più noti del giornalismo sportivo, che gli ha fornito un pass per la sala stampa. «Così posso partecipare alle conferenze, fare le domande e scrivere in una postazione. Ma a dire il vero qui non mi prendono troppo sul serio visto che non scrivo per nessuna testata, e gli atleti, che oltretutto sono anche stanchi dopo la corsa, non sembrano accorgersi molto di me. Però va bene lo stesso, osservo da vicino e ho sempre qualcosa da raccontare».
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