giovedì 9 febbraio 2012

regolamento comunitario sul vino

riportiamo da La Stampa la notizia del nuovo regolamento comunitario sul vino 

 

approvato l'atteso regolamento comunitario sul vino

Veronica Ulivieri
Che sia anche questo un riflesso del nuovo clima che regna in Europa? Un segnale dell’armonia ritrovata tra Italia, Francia e Germania? Il regolamento comunitario sul vino biologico era atteso dal 1991 e alla fine, dopo più di vent’anni, ieri è arrivato. Le nuove norme sulla vinificazione bio, approvate dal Comitato permanente per la produzione biologica (Scof), introdurranno dei cambiamenti proprio nei procedimenti di produzione. Fino ad oggi, infatti, la certificazione era prevista soltanto per le uve e la sola dicitura consentita era "vino ottenuto da uve biologiche". Il settore vitivinicolo era l’unico a cui non si applicava integralmente la normativa comunitaria sulla produzione biologica, che nel 1991, con successive modifiche e integrazioni, dette una base legale al settore.



Dalla prossima vendemmia, le cantine che intendono utilizzare l’espressione “vino biologico”, riportando obbligatoriamente sull’etichetta il logo biologico dell’UE e il numero di codice del competente organismo di certificazione, dovranno rispettare delle regole precise. A partire dai limiti alla concentrazione di solfiti, comunemente usati nel vino come conservanti, per prevenirne l’ossidazione. Il massimo è di 100 milligrammi il litro per i vini rossi e 150 per i vini bianchi e rosé, 50 milligrammi in meno per ogni categoria rispetto ai livelli attualmente in vigore per i vini convenzionali. Attenzione però ai vini dei Paesi del Centro e Nord Europa, Francia compresa, che, per la carenza di sole hanno bisogno dei solfiti per stabilizzare il vino, e dello zucchero per alzarne la gradazione alcolica. Per quei vini con un tenore di zucchero residuo superiore a 2 grammi il litro, il taglio dei solfiti sarà solo di 30 milligrammi invece che di 50. Dunque, 120 milligrammi il litro per i vini rossi, e 170 per quelli bianchi e rosè. Un compromesso per contemperare esigenze diverse e far convivere sotto lo stesso ombrello di norme prodotti con caratteristiche differenti.

La questione dei solfiti è stata tra le più dibattute e ha contribuito a rallentare le trattative. «Su questo aspetto – spiegano da Confagricoltura – avevamo chiesto e avremmo voluto una maggiore riduzione dell’uso dei solfiti. Purtroppo, si è dovuti scendere ad un compromesso con i Paesi del Nord Europa che, per difficoltà climatiche e tecnologiche, sono costretti ad usare questo composto in grandi quantità. Sicuramente una maggiore rigidità avrebbe valorizzato meglio il concetto di vino biologico e sarebbe stata più rispettosa anche verso i prodotti convenzionali, che non godono del vantaggio competitivo del prodotto biologico». Le aziende italiane già adesso utilizzano molto spesso quantità di solfiti inferiori ai livelli stabiliti nel regolamento ma, e qui sta la beffa, non potranno evidenziare in etichetta questa loro qualità. In generale, però, la speranza è che l’Italia ne esca rafforzata, visto che il nostro Paese è primo in Europa per superficie coltivata a vigne biologiche, con 30.341 ettari, seguito dalla Francia (21.403) e dalla Spagna (17.665). A favore del nostro Paese giocherà sicuramente la possibilità di etichettare come bio anche il vino delle annate precedenti, purché, spiega Aiab, l’Associazione italiana per l’agricoltura biologica, «se ne possa dimostrare la conformità alle norme europee, ed in questo senso chi ha il marchio Garanzia Aiab è già conforme».

Le nuove norme, oltre «a facilitare il funzionamento del mercato interno», come spiega la Commissione europea, contribuiranno «anche a rafforzare la posizione che i vini biologici dell’Ue detengono a livello internazionale, dato che molti altri paesi produttori di vino (USA, Cile, Australia, Sudafrica) hanno già stabilito norme per i vini biologici». Lo stesso Vinitaly, in programma a Verona dal 25 al 28 marzo, aprirà per la prima volta ai vini provenienti da agricoltura biologica e biodinamica, ospitando in un apposito spazio 121 cantine di diversi Paesi, tra cui Francia, Austria e Slovenia. In mancanza di un normativa di riferimento al momento dell’iscrizione, a questi espositori Vinitaly aveva chiesto di sottoscrivere un’autocertificazione molto restrittiva sui metodi di produzione applicati anche in cantina e, alla luce delle prime informazioni, spiegano gli organizzatori, «queste richieste sono in linea o più stringenti di quanto previsto dall’Ue».

L’accordo raggiunto, dicevamo, è stato in tutto e per tutto un compromesso. Che Cristina Micheloni, tra i responsabili del comitato scientifico Aiab e già coordinatrice del progetto di ricerca europeo sui vini biologici OrWine, non esita a definire «politico», perché «di tecnico ormai la discussione non aveva nulla». «Come tutti i compromessi politici, – spiega – il risultato non farà felice nessuno, ma tutti saremo un po' meno scontenti. Oggi è importante poter parlare chiaramente di vino biologico, avendo definito le norme per il vigneto e per la cantina, e da domani si potrà iniziare a lavorare per il miglioramento del regolamento stesso, portando i dati concreti che nel frattempo abbiamo raccolto nelle tante aziende italiane che con Aiab collaborano nella sperimentazione in cantina».

Un punto, questo, su cui è d’accordo anche il ministro delle Politiche agricole Mario Catania, per il quale il regolamento va considerato «un primo importante passo per soddisfare le esigenze dei produttori italiani e dei consumatori. Un punto di partenza dal quale, continuando il proficuo lavoro svolto dall'Amministrazione e di intesa con le Organizzazioni di produttori del settore, sarà possibile effettuare in futuro le revisioni ed integrazioni che si renderanno necessarie». Le nuove regole avranno anche il pregio di garantire una maggiore chiarezza e sicurezza ai consumatori europei che, ha spiegato il commissario europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, Dacian Cioloș, d’ora in poi avranno «la certezza che un "vino biologico" sia stato prodotto applicando norme di produzione più rigorose». 



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