sabato 19 maggio 2012

agricoltura - crisi


Nel nostro piccolo l'orto cittadino è una micro azienda agricola senza fini di lucro ma con molte idee e voglia di crescere. L'idea di diventare agricoltori stuzzica la fantasia. "Sarebbe bello produrre e vendere", ma la realtà di crisi forse ci blocca nel passo dal lavoro fisso (al momento c'è ma non si sa in futuro) al lavoro autonomo con tutti i rischi del caso.

Riportiamo l'articolo con il beneficio del dubbio, e con l'intenzione di continuare la discussione.

 

La crisi come opportunità
Giovani agricoltori crescono


Veronica Ulivieri
Ripartire dai giovani agricoltori, dalle 61 mila imprese guidate in Italia dagli under 30 e dalle oltre 9 mila nuove aziende agricole nate, nonostante la crisi, nel primo trimestre 2012. È questo il messaggio con cui si è chiusa l'assemblea nazionale dei giovani della Coldiretti.

L'incontro è stata l'occasione per tracciare un primo bilancio di un anno difficile. È emerso che, nei primi mesi del 2012, le imprese condotte da giovani hanno impiegato 143.000 dipendenti e sono cresciute a ritmo triplo rispetto alle altre, nonostante le banche abbiano concesso a queste attività circa la metà del credito.

Inoltre, gli agricoltori under 30 hanno investito in vendita diretta e filiera corta (42%), agroenergie (24%) e agriturismo (18%), e queste scelte sono state premiate dai risultati: il 40% ha visto il proprio fatturato crescere nell'ultimo anno, il 33% è in fase di espansione aziendale e il 50% ha ottenuto certificazioni di qualità. Il 13% delle aziende agricole guidate da giovani (contro una media nazionale dell'8%) ha anche venduto i propri prodotti oltre confine e il 25% ha deciso di rinnovare l'impresa nei prossimi tre anni.



Queste realtà, usando le parole di Vittorio Sangiorgio, delegato nazionale dei giovani Coldiretti, rappresentano “quell'Italia che sta cambiando il Paese trasformando le difficoltà in opportunità”.

Ne sono un esempio le storie di alcuni tra i tantissimi agricoltori arrivati da ogni regione d'Italia che, ha spiegato Coldiretti, “con le loro esperienze curiose e innovative hanno trasformato in idee imprenditoriali le paure degli italiani per i cambiamenti climatici, l’immigrazione, la salute e l’ambiente”.

Un'azienda di Carmagnola in provincia di Torino ad esempio si è specializzata in coltivazioni di prodotti tipici cinesi destinati al consumo fresco e ai ristoranti della zona; l'impresa della giovane palermitana Letizia Marcenò invece, sfruttando a proprio favore il surriscaldamento del pianeta, è riuscita a produrre le prime banane italiane. Paola Polce, a Ivrea, ha ideato una linea di detergenti biologici e rispettosi dell'ambiente, realizzati con estratti vegetali. E c'è anche chi ha deciso di specializzarsi in prodotti di nicchia, come il pane per diabetici ideato dal pugliese Gioacchino De Leo o il menù per celiaci proposto nell'agriturismo cuneese di Diego Bonifacino.

“La nostra capacità di generare qualità della vita inizia a essere determinante per il Pil di questo Paese, e la politica non può ignorarlo”, ha sottolineato Sangiorgio. E poi, rivolgendosi ai rappresentanti del governo, ha aggiunto: “Immaginate che cosa potremmo realizzare se voi ministri osaste un po' di più”.

Le richieste al governo, in fondo, sono quelle già avanzate in altre occasioni e formalizzate nel primo manifesto “Giovani per l'Italia” presentato all'assemblea: più credito ai giovani agricoltori, meno burocrazia, potenziamento della filiera corta, investimenti in ricerca per smascherare le contraffazioni e tutelare il Made in Italy, coinvolgimento delle imprese nei processi di formazione.

Un tema fondamentale per il futuro dei giovani agricoltori, è emerso dall'assemblea, è anche la riforma della Pac. Basti pensare alle proposte sul Greening – i giovani agricoltori sono di solito più attenti alla sostenibilità dell'impresa – e alla maggiorazione del 25% degli aiuti se destinati appunto ai giovani. Il ministro delle Politiche agricole Mario Catania, parlando alla platea Coldiretti, si è assunto l'impegno di “sostenere con forza” quest'ultima proposta. “Ho chiesto – ha spiegato il ministro – di poterla dotare finanziariamente anche al di là del tetto già previsto”.

Uno dei nodi principali da risolvere per le aziende agricole, ha aggiunto Catania, “è il margine che rimane all'impresa”. Il ministro ha quindi spronato gli agricoltori a fare “un salto di qualità nel modo di rivolgersi al mercato e al resto della filiera”, perché altrimenti “le battaglie sulla fiscalità e la difesa del made in Italy non bastano”.

Sono proprio questi gli input per continuare a progettare e sviluppare un business che spesso nasce dalla riconversione delle imprese dei genitori e dei nonni e da un forte investimento in qualità e innovazione. Per il presidente Sergio Marini infatti “da una parte c'è il modello finanziario che ha perso, dall'altra si sta facendo strada invece l'economia emergente che i giovani agricoltori rappresentano nel migliore dei modi”. La quadratura del cerchio, sta quindi nel connubio “rigore e innovazione, competitività e sacrifici”.

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